(Torino, 10 agosto 1810 – ivi, 6 giugno 1861) Inizialmente distanti per visioni politiche – Verdi in gioventù fu un acceso repubblicano – dopo Custoza e l’armistizio di Salasco, il Maestro condivise il progetto unitario monarchico di Cavour, con il quale strinse un sincero rapporto di amicizia, recandosi in più di una circostanza in visita nella tenuta dello statista a Leri (oggi Leri Cavour) e definendo quest’ultimo «il Prometeo della nostra nazionalità». Su sollecitazione dello stesso Cavour – interessato ad uno strategico coinvolgimento in politica del musicista emiliano, la cui presenza nel neonato Parlamento italiano avrebbe apportato alla nuova nazione «decoro dentro e fuori d’Italia (lettera di Cavour a Verdi del 10 gennaio 1861) –, il 3 febbraio 1861 Verdi accettò, non senza resistenze, di rappresentare a Torino per pochi mesi la circoscrizione di Borgo San Donnino (l’attuale Fidenza). Assistette dunque ai grandi dibattiti e alla storiche votazioni del 1861: a quella che il 14 marzo conferiva a Vittorio Emanale il titolo di re d’Italia e a quella che il 27 proclamava simbolicamente Roma capitale. Alla fine di questa votazione Verdi comunicò a Cavour che riteneva conclusa la propria esperienza politica; il primo ministro riuscì a fatica a far desistere Verdi dal suo proposito, e dopo la sua scomparsa, avvenuta pochi mesi dopo, il 6 giugno 1861, Verdi, profondamente addolorato dalla notizia, decise, per stima e riconoscenza nei confronti dello statista, di non dare le dimissioni dal suo seggio, ma di aspettare la fine del suo mandato.