(Padova, 24 febbraio 1842 – Milano, 10 giugno 1918) Scrittore, compositore e librettista, ad appena diciannove anni – dopo aver compiuto studi musicali presso il Conservatorio di Milano – si trasferì a Parigi, città in cui conobbe i più celebri operisti dell’epoca e scrisse per Verdi i versi dell’Inno delle Nazioni (24 maggio 1862), ottenendo dal Maestro il dono di un orologio. Nel 1863 il rapporto tra Verdi e Boito si incrinò nel corso di una festa in onore del direttore d’orchestra Franco Faccio, quando il librettista – entrato nel frattempo nell’orbita della Scapigliatura milanese – improvvisò una polemica ode All’arte italiana, nella quale Verdi ritenne fossero contenuti riferimenti alla sua musica. Passarono ben diciotto anni prima che i due tornassero a collaborare in occasione di una ripresa del Simon Boccanegra alla Scala (24 marzo 1881): in quell’occasione Boito revisionò l’originario libretto di Francesco Maria Piave e avviò un sodalizio con Verdi proseguito con Otello (5 febbraio 1887). Durante la composizione di quest’opera, si verificò di nuovo uno spiacevole qui pro quo che ne avrebbe potuto pregiudicare la realizzazione, se Boito non avesse prontamente smentito la notizia secondo cui egli stesso avrebbe desiderato musicare il soggetto shakespeariano. Sempre a Boito venne riservato l’onore di versificare l’ultimo capolavoro dell’ottantenne Verdi, Falstaff (9 febbraio 1893), unica opera comica, insieme allo sfortunato Un giorno di regno, nella carriera del Maestro. Pochi mesi dopo la morte di Verdi, Boito ricevette l’invito da parte di Camille Bellaigue di lavorare insieme a una biografia del Maestro, ma il librettista preferì declinare la proposta. Tuttavia numerosi taccuini di appunti su episodi della vita di Verdi, rinvenuti nella casa di Boito, lasciano pensare che egli abbia posto mano alla realizzazione di una biografia, mai concretizzatasi. Dopo il Falstaff Boito abbandonò la librettistica per dedicarsi alla sua mai sopita passione per la composizione musicale, tentando, senza successo, di terminare il Nerone, la sua seconda opera dopo il Mefistofele, di cui scrisse sia il libretto che la musica e che, dopo il fiasco colossale della prima esecuzione alla Scala nel 1868, venne da lui revisionata e ripresentata con successo al Teatro Comunale di Bologna nel 1875.