(Napoli, 19 marzo 1801 – ivi, 17 luglio 1852) Appartenente ad una famiglia di artisti (nel cui albero genealogico figurano attori, cantanti, pittori, compositori, commediografi), dopo gli esordi al San Carlo di Napoli come scenografo e direttore di scena, decise di dedicarsi dal 1832 alla librettistica. La sua definitiva consacrazione avvenne nel 1835, quando compose il libretto di Lucia di Lammermoor di Donizetti, primo di una lunga serie di titoli verseggiati per il Bergamasco. A questa prestigiosa collaborazione, Cammarano ne affiancò altre di assoluto valore, come quelle con Giovanni Pacini e Saverio Mercadante; per Verdi scrisse quattro libretti: Alzira (12 agosto 1845), La battaglia di Legnano (opera andata in scena a Roma il 27 gennaio 1849, a commento della quale Cammarano asserì che «sì fatto argomento dovrà scuotere ogni uomo che ha nel petto anima italiana»), Luisa Miller (8 dicembre 1849) e Il trovatore (19 gennaio 1853) iniziato nella primavera del 1852 e lasciato incompiuto a causa della sua prematura scomparsa (il libretto fu poi completato da Leone Emanuele Bardare che nel 1853 curò anche per ragioni di censura la trasformazione di Rigoletto in Clara di Perth). La stima e il rispetto di Verdi nei confronti di Cammarano sono testimoniati sia dai toni estremamente cortesi che il Maestro utilizzò nel fitto scambio epistolare con il librettista (a distanza siderale dai modi sanguigni espressi nelle lettere a Piave), sia dal desiderio di coinvolgere il Partenopeo nei progetti mai portati a termine sui soggetti de Le Roi s’amuse di Victor Hugo (poi divenuto Rigoletto, una volta affidato l’incarico a Piave) e dello shakespeariano Re Lear (il librettista napoletano era già deceduto quando Verdi – ignaro della tragedia – gli scrisse: «Coraggio mio caro Cammarano – Noi dobbiamo fare il Re Lear che sarà il nostro capo d’opera»). I rapporti fra i due, sebbene improntati ad un reciproco rispetto, non furono immuni da incomprensioni e polemiche, come in occasione di Luisa Miller e Il trovatore, quando alle pressanti richieste di Verdi circa una radicale revisione dei libretti, Cammarano rispose ex cathedra con toni alquanto piccati. In particolare, il secondo titolo della trilogia popolare, complice anche la malattia che colpì il librettista, sembrò non dover mai andare in scena. Quando il Maestro esternò all’amico Cesare De Sanctis – che lo aveva in precedenza informato dell’aggravarsi delle condizioni di salute di Cammarano – la preoccupazione per le eventuali revisioni da apportare a Il trovatore in caso di censura, a Napoli si stavano già svolgendo i funerali del librettista.